9 Luglio 2025

Comunità Energetiche: la flessibilità distribuita che rafforza la rete elettrica

Nel panorama energetico europeo in profonda trasformazione, le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) si stanno affermando come attori fondamentali per garantire la flessibilità del sistema elettrico, supportando la stabilità della rete e l’integrazione delle fonti rinnovabili.

In un contesto in cui la transizione energetica accelera la penetrazione delle rinnovabili, la rete elettrica deve affrontare nuove sfide: produzione non programmabile, picchi di domanda e disallineamenti tra generazione e consumo. La flessibilità – ovvero la capacità di modulare domanda e offerta in tempo reale – diventa essenziale. Ed è proprio in questo scenario che le comunità energetiche si rivelano strumenti innovativi e strategici.

Flessibilità distribuita: un nuovo paradigma

Tradizionalmente garantita da centrali convenzionali, oggi la flessibilità si espande in forma distribuita grazie a tecnologie digitali, sistemi di accumulo e soggetti attivi come le CER. Queste aggregazioni locali di cittadini, imprese e enti pubblici producono, autoconsumano e condividono energia rinnovabile, contribuendo non solo all’efficienza energetica, ma anche all’equilibrio della rete.

Secondo quanto emerso da recenti studi europei (CORDIS, 2024), le comunità energetiche possono partecipare attivamente ai mercati della flessibilità, fornendo servizi di bilanciamento, risposta alla domanda e gestione dei carichi. In Italia, esperienze pilota già dimostrano come le CER possano intervenire per ridurre congestioni di rete e stabilizzare i flussi elettrici nei momenti critici.

Tecnologia e partecipazione: il doppio motore delle CER

Le comunità energetiche operano attraverso infrastrutture intelligenti: smart meter, piattaforme digitali per la gestione energetica e, sempre più spesso, sistemi di accumulo. Questo consente loro di adattare la produzione e il consumo in funzione dei segnali del gestore di rete, contribuendo al bilanciamento in tempo reale.

Ma il vero elemento distintivo delle CER non è solo tecnologico. È sociale. La partecipazione attiva dei cittadini nella gestione dell’energia, insieme alla possibilità di generare benefici economici condivisi, rafforza il tessuto locale e promuove la coesione sociale. Le CER diventano così non solo nodi energetici, ma anche hub civici, in cui innovazione, sostenibilità e inclusione convergono.

Un modello con molteplici benefici

I vantaggi delle comunità energetiche si distribuiscono su più piani:

  • Ambientale: massima valorizzazione delle fonti rinnovabili, riduzione delle emissioni e abbattimento delle perdite di rete.
  • Economico: risparmio in bolletta per i membri, incentivi statali (come la tariffa incentivante fino a 120 €/MWh per l’energia condivisa) e riduzione dei costi di dispacciamento per il sistema elettrico.
  • Sociale: inclusione delle fasce vulnerabili, lotta alla povertà energetica e rilancio delle aree interne grazie alla generazione distribuita.

Secondo stime di settore, le CER potrebbero generare fino a 2,5 miliardi di euro l’anno di benefici entro il 2030, tra risparmi diretti e impatti positivi sulla rete.

Flessibilità: tra demand response, accumulo e governance partecipata

Le comunità energetiche sono in grado di fornire servizi di flessibilità grazie all’integrazione di tecnologie e modelli operativi avanzati. Di seguito, i tre pilastri tecnici che ne abilitano il ruolo:

1. Demand Response (DR)
Le CER possono partecipare a programmi di risposta alla domanda modulando i consumi dei membri in risposta a segnali di prezzo o richieste della rete. Ad esempio: spostare il funzionamento di pompe di calore, impianti industriali o ricarica di veicoli elettrici nelle fasce orarie meno congestionate. Questo comportamento aggregato può essere gestito da un “aggregatore” (interno o esterno alla comunità) e remunerato sul mercato della flessibilità.

2. Sistemi di accumulo (storage)
L’installazione di batterie – sia centralizzate, sia distribuite tra i membri – consente di immagazzinare l’energia prodotta in eccesso e rilasciarla nei momenti di picco. Lo storage aumenta la capacità della CER di fornire servizi di dispacciamento locale, migliorando la qualità del servizio elettrico e favorendo l’autoconsumo.

3. Modelli di governance
Il funzionamento efficace di una CER richiede una struttura organizzativa trasparente e inclusiva. I modelli più diffusi sono le cooperative energetiche, le associazioni di diritto privato o le società benefit. Alcune comunità si dotano anche di strumenti di voto ponderato, redistribuzione degli utili o patti di solidarietà energetica per favorire l’inclusione delle fasce vulnerabili.

Questi elementi rendono le CER non solo nodi tecnici della rete, ma soggetti attivi in grado di offrire servizi di sistema con logiche partecipative e sostenibili.

Normativa in evoluzione e investimenti PNRR

In Italia, il quadro normativo si è evoluto rapidamente. Dopo una prima sperimentazione avviata con il Decreto Milleproroghe del 2020, il recepimento della Direttiva RED II con il D.Lgs. 199/2021 ha definito in modo organico le comunità energetiche, aprendo la strada alla loro diffusione su scala nazionale.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha previsto 2,2 miliardi di euro di fondi per lo sviluppo delle CER nei comuni sotto i 5.000 abitanti, sostenendo sia gli investimenti in impianti che le spese per la digitalizzazione e il coinvolgimento delle comunità.

Tuttavia, restano alcune criticità: procedure burocratiche complesse, difficoltà nell’accesso al credito, necessità di maggiore chiarezza sulle regole di partecipazione ai mercati dell’energia e una governance ancora troppo centralizzata.

Verso una rete più resiliente e democratica

Guardando al futuro, il potenziale delle comunità energetiche come strumenti di flessibilità è enorme. Con l’integrazione nelle smart grid e l’evoluzione dei mercati locali dell’energia, le CER potranno assumere un ruolo da protagoniste nel nuovo modello di rete decentrata, partecipata e digitale.

Secondo proiezioni del Politecnico di Milano, entro il 2026 potrebbero nascere in Italia oltre 15.000 comunità energetiche, capaci di produrre e gestire autonomamente energia rinnovabile in migliaia di territori.

In un sistema sempre più basato su fonti variabili e produzione distribuita, la flessibilità non sarà solo una necessità tecnica, ma un principio organizzativo. Le comunità energetiche incarnano questo cambiamento, trasformando i consumatori in attori attivi del sistema e portando l’energia dove serve davvero: nelle mani delle persone.

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